Spoleto, Pd diviso sull’alleanza con Rinnovamento: il documento della minoranza

Chiesta un’assemblea per discutere delle amministrative

Di seguito pubblichiamo il documento che la minoranza del Pd, rappresentata da Guido D’Angeli e sostenuta dai consiglieri comunali Rossi, Martellini e Zampa

Le elezioni del 4 marzo portano inevitabilmente il PD ad interrogarsi sulle cause della sconfitta, per individuare le strategie che gli consentano di recuperare il consenso dei cittadini. Per raggiungere questo obiettivo è necessario abbandonare le divisioni e le contrapposizioni che stanno caratterizzando il partito, in particolar modo nella nostra città.
La ricerca dell’unità passa, per forza di cose, sul superamento, da entrambe le parti, dei fattori ostativi che hanno generato le divisioni stesse, soprattutto perché la città sta vivendo momenti drammatici.
La segreteria ha avviato consultazioni con le forze politiche dell’intero arco costituzionale: dalla destra alla Lega, dai Cinque Stelle ai compagni ed amici che hanno aderito a Liberi ed Uguali. Noi non ci saremmo sottratti alla discussione, se si fosse inteso coinvolgere l’intero partito sul profilo della coalizione e sulla proposta politica per la città in vista delle prossime amministrative. In mancanza di ciò, comunque, intendiamo dare il nostro contributo, manifestando le nostre perplessità sul metodo e sugli interlocutori, per andare poi dritti alla sostanza politica.
Ciò che la gente chiede è chiarezza e coerenza rispetto agli obiettivi, ai programmi, ma anche ai valori e alle storie, personali e politiche. Negli ultimi anni il PD ha lungamente rimarcato l’inadeguatezza delle forze al governo della città ad affrontare i nodi problematici della nostra comunità. Spoleto è in una crisi economica ed occupazionale senza precedenti: il fallimento della Nuova Panetto & Petrelli, quello che incombe sulla ex Novelli, la crisi della ex Pozzi, della Cementir, le gravi incertezze legate al futuro della Maran, lo stallo del commercio e dell’artigianato e chi più ne ha più ne metta!. Centinaia di posti di lavoro persi che reclamavano, quanto meno, una maggiore e più qualificata presenza dei rappresentanti della comunità cittadina sui tavoli di crisi.
Le periferie in cui avevamo la nostra base elettorale sono state abbandonate al degrado e spogliate di servizi, viste come pericolosa parcellizzazione della comunità, quasi in antitesi al centro storico. Esse, al contrario, sono comunità pulsanti, bisognose di riqualificazione nelle infrastrutture e nei servizi. Mai come negli ultimi anni l’amministrazione comunale ha dimostrato di percepirle quasi con fastidio, sottraendo risorse ed eliminando dall’agenda qualunque cosa assomigliasse a politiche per le frazioni. Le attività delle Pro-loco (spesso abbandonate a se stesse) e le iniziative spontanee di qualche privato sono rimaste gli unici momenti del “fare comunità” nelle nostre frazioni. La stessa riallocazione dello sportello del cittadino nell’acropoli risponde proprio all’idea di una città “alta” e di una città “bassa” che non dialogano tra loro, e di una male interpretata politica della mobilità alternativa, che è tornata a riempire di automobili il centro storico ed a vessare sia i residenti che gli utenti dei servizi comunali.
È proprio nelle periferie che ormai da anni il nostro elettorato ci ha abbandonato, ma nella sommaria analisi post voto dell’ultima assemblea la questione è stata derubricata alla fotografia del trauma: poiché il nostro bacino elettorale si è prosciugato dobbiamo esser pronti ad allearci con chiunque. Ma domandarci come recuperare la nostra gente? Nel corso dell’ultima assemblea sono stati snocciolati alcuni temi programmatici frutto dei colloqui con l’intero arco costituzionale: sviluppo economico, festival, etc. Le classiche questioni che non dividono e trovano tutti d’accordo. Ma sono i temi veri che rendono impossibile un’accozzaglia programmatica: quali risposte al disagio sociale, alle difficoltà delle famiglie, alla povertà sempre più diffusa, alla forbice sempre più larga tra chi ha tanto e chi ha troppo poco? Forse con le ordinanze contro l’accattonaggio, contro cui fino a qualche tempo fa saremmo insorti tutti insieme? È il classico espediente retorico: invece di trovare cause e soluzioni al problema, si liscia il pelo alla gente indicando un colpevole, senza però affrontare sul serio il problema. Un problema che tuttavia esiste in maniera drammatica: la difficoltà di garantire un presente sereno alla propria famiglia e la paura di restare ai margini dalla comunità. Che politiche, che sostegno diamo alle famiglie spoletine in difficoltà? Ci accontentiamo, come fanno loro, di indicare un capro espiatorio? Cosa pensano i nostri futuri alleati dell’impresa cooperativa e del terzo settore, gli unici ad aver creato occupazione negli anni della crisi?
Subito dopo il congresso abbiamo fatto un’unica richiesta, disattesa, alla nuova segreteria: mettere in agenda un’analisi seria e approfondita dei quattro anni di amministrazione di centro destra. Evidentemente, si era già pronti ad un accordo con quel centro destra che ci aveva sconfitto nel 2014 sulla base di una critica feroce alle nostre politiche e alle nostre amministrazioni. Senza nemmeno chiedere loro una parziale ammissione di colpa, di aver sbagliato su qualcosa. Al contrario, siamo noi a dirci pronti a proseguire il programma elettorale che abbiamo avversato fino a ieri.
Ci domandiamo: su quali basi avviene tutto ciò, sulla base di quale coerenza e di quale discussione? Gli spoletini vedono e giudicano, e sanno ben distinguere una manovra di palazzo, che riguarda solo il ceto politico, da un accordo politico coerente, che metta al centro le politiche per la comunità. È per questi motivi e principi che non possiamo accettare alcun dialogo con la attuale maggioranza in consiglio comunale.
Riteniamo anche che, prima degli incontri con le altre forze politiche, la segreteria avrebbe dovuto cercare l’unità del partito, con un confronto leale, senza veti e pregiudiziali, con tutte le componenti, per formulare, in maniera unitaria, un programma politico sul quale iniziare un confronto con le forze a noi più affini, con le varie articolazioni della società civile, da presentare poi alla città in occasione delle prossime elezioni amministrative.
E lo avrebbe dovuto fare, superando gli steccati ostativi che hanno portato alla divisione, senza nascondersi dietro interpretabili norme statutarie, ma sostituendo l’alibi dell’impedimento con una reale volontà di riappacificazione. Ecco da dove scaturisce la recente, forte, richiesta della minoranza di equiparare la rappresentatività all’interno degli Organi statutari del partito, rappresentatività falsata a nostro avviso da irregolarità nella accessibilità al voto congressuale. Non si è chiesto quindi di ottenere con arroganza ciò che non spetta ora ma, nella logica del buon senso, di riconoscere ciò che una errata interpretazione non ha concesso prima.
L’unità ci consentirebbe la costruzione di un campo democratico in grado di elaborare un progetto di società, e non solo un cartello elettorale. Il PD, se vuole essere all’altezza del suo ruolo riformista, deve lavorare a un’alleanza che corrisponda all’idea di un blocco sociale da rappresentare e a cui proporre protezione e nuove trame di comunità.
E allora l’imperativo è tornare a guardare alla parte migliore della società, quella che condivide i nostri valori, che per decenni ci ha seguito ma oggi non si fida più di noi: il mondo del volontariato, della cooperazione, il sindacato. È da lì che dovremmo far maturare un confronto serio sul programma, a cui far seguire un coerente identikit di coalizione e di candidato, invece di proporci come stampella a chiunque.
Sarebbe la nostra “mossa del cavallo”: trasmettere l’idea di un partito non autosufficiente ma promotore di coalizioni, non tra il ceto politico ma con il corpo vivo delle associazioni e delle realtà organizzate, ovvero con i corpi intermedi. Siamo ancora in tempo per ribaltare il tavolo e rialimentare la connessione sentimentale con la città.
Per questa ragione i sottoscrittori di questo documento lo concludono con la richiesta ufficiale di convocazione immediata dell’Assemblea Comunale, al fine di appurare se esista o meno la volontà di condividere i propositi e le indicazioni contenute nel documento stesso in virtù delle scadenze e scelte da fare per le imminenti elezioni amministrative.