L’associazione culturale Casa Rossa solidarizza con gli operai dell’IMS (Industrie Metallurgiche Spoleto), conosciute come ex Pozzi, di nuovo in sciopero, in quanto sono stati messi davanti all’ennesimo ricatto sociale, o accettare che su di loro si scarichino tutte le conseguenze della crisi dell’azienda o finire disoccupati con la fabbrica chiusa.
Spezzare questa forbice si può e si deve e la prima cosa da fare è non lasciare soli i lavoratori dello stabilimento di Santo Chiodo. Ognuno perciò deve fare la propria parte, noi cominciamo a fare la nostra chiedendo a tutti coloro che non hanno interessi elettorali da coltivare e vogliono essere a fianco dei lavoratori IMS di mettersi a disposizione, per questo chiediamo loro di partecipare ad un incontro operativo da noi convocato per lunedì 1 aprile alle ore 17,30, presso la Casa Rossa in via XIV giugno 26.
Sensibilità e volontà di esserci non mancano come dimostra la lettera inviata da un gruppo di giovani studenti e precari presenti oggi davanti allo stabilimento che riassume quanto accaduto in mattinata, le righe che seguono sono il resoconto fatto da loro. La situazione è di nuovo precipitata il 26 marzo scorso, quando alla Confindustria di Perugia il Gruppo Casti si è presentato con una proposta a dir poco indecente.
La fondazione di due newco “pulite”, magari da vendere o affittare, mentre tutti i debiti rimarrebbero alla vecchia azienda. Fra i debiti sono compresi gli stipendi arretrati, gli straordinari e i benefit notturni ancora da pagare e perfino il tfr degli operai. Una proposta che ha provocato una dura reazione, con uova e farina contro i delegati padronali.
L’assemblea operaia del 27 marzo ha deciso di proclamare sciopero fino al 4 aprile. A complicare la situazione c’è il fatto che un accordo analogo (newco da rilanciare e bad company coi debiti da affondare) è stato approvato per quanto riguarda lo stabilimento lombardo. Segno dei danni che possono fare i sindacati confederali.
Ora l’accordo stretto in Lombardia vale da precedente: i padroni non vogliono cedere rispetto a quello già firmato coi sindacati venduti, mentre per gli operai spoletini quell’accordo è inaccettabile.
Questa mattina il primo giorno di sciopero è stato molto partecipato, con decine di dipendenti davanti ai cancelli. Si è presentato anche l’ex sindaco di Spoleto, Massimo Brunini, a caccia di voti per l’imminente campagna elettorale. Ma non sono mancate le critiche e le contestazioni, con gli operai che hanno ricordato a Brunini i suoi rapporti amichevoli col Direttore Santoro.
La Direzione avrebbe proposto agli operai di anticipare l’incontro del 4 aprile, sperando così di accorciare lo sciopero. Quello che è certo è che lo sciopero per ora continua e che il prossimo appuntamento è lunedì mattina alle 9 davanti ai cancelli
Brunini a caccia di voti… cadono le braccia nel leggerlo… e ogni commento è superfluo…
Brunini a caccia di voti… cadono le braccia nel leggerlo… e ogni commento è superfluo…
martedì, non lunedì, lunedì è oggi
domani ci sarò, ma non per fare promesse che non possono essere mantenute. Ci vuole il coraggio di dire la verità che i politici negano.
La competizione selvaggia imposta dall’Unione Europea ci dice che dobbiamo lasciar fare al mercato. I politici che ci dovrebbero difendere hanno sposato questa idea sbagliata e ci invitano a diventare più competitivi… cioè disposti ad essere sfruttati.
Scrivono leggi che invece di tutelare i lavoratori tutelano le grandi aziende, garantendo la famosa “flessibilità”..che vuol dire diritto di licenziare e sfruttare il precariato. Le leggi oggi permettono al capitale ed alle merci di fare il cavolo che gli pare, compreso il diritto di andare a sfruttare in giro per il mondo il lavoro là dove è più conveniente. Le stesse leggi vietano alle persone di muoversi liberamente…
Le leggi non stanno più dalla nostra parte
Dentro questo sistema non c’è soluzione. va rovesciato da capo a fondo.
L’unica soluzione è ripensare la competizione selvaggia e sostituirla con la solidarietà e la tutela del lavoro. Se una azienda vuole andarsene da un’altra parte bisogna mandarla a quel paese, espropriare gli impianti e darli in gestione agli operai, con l’aiuto dello stato. Questo dovrebbe fare una politica che sta dalla nostra parte. E dovrebbe penalizzare fortemente i prodotti delle aziende che se ne vanno a sfruttare il lavoro altrove.
Il lavoro è un diritto ed un dovere garantito dalla Costituzione, ma è stato abbondantemente tradito e sostituito con il diritto del capitale di auto replicarsi. Come vuole, dove vuole.
Bisogna costringere l’Unione Europea a rivedere tutto, oppure uscirne al più presto. E sostituire questa classe dirigente che si è venduta agli interessi delle banche e delle multinazionali, le uniche a guadagnare dalla nostra disperazione. Perché ce lo dobbiamo mettere in testa: la crisi non finirà perché qualcuno da questa crisi ci guadagna, e ci guadagnerà sempre di più. Va spezzata alla radice.
Nel frattempo, per sopravvivere, il M5S ha presentato un disegno di legge che dovrebbe agevolare l’autogestione ma i partiti al governo non ne vogliono sentir parlare.
Propone almeno il reddito di cittadinanza, per permettere a chi non ha lavoro di sopravvivere egualmente, in questo mondo di matti. Ma è evidente che sono solo palliativi: la vera questione è quella di restituire alla politica le sue responsabilità. Tutte le leve di governo dell’economia che sono state consegnate colpevolmente alla finanza internazionale. Quando le avevamo, eravamo la quinta potenza economica al mondo
Dobbiamo ribellarci all’idea che i sacrifici che ci chiedono l’europa e i mercati possano servire a qualcosa. Servono solo ad arricchire i mercati.
Con i soldi creati dalla banca centrale si potrebbe far sparire la disoccupazione in tutta europa… invece ci tolgono di tasca nostra i soldi che ci guadagniamo con il sudore della fronte … per salvare le banche!
A Spoleto, nel nostro programma politico economico, ci stiamo preoccupando di ripensare il modello di produzione nel territorio per acquistare la capacità di resistere meglio a questa crisi che non sparirà fino a quando non saranno estirpate le cause. Rilanciando una economia diversa, concentrata sulla nostra capacità di produrre le cose di cui abbiamo veramente bisogno.
Perché, se riusciamo a creare l’alternativa, e la capacità di sopravvivere decentemente facendo altro, anche il potere contrattuale dei lavoratori dipendenti nei confronti della grande impresa diventa totalmente diverso, come è giusto che sia.
Partendo dall’agricoltura naturale, che ci permetta di fare a meno dei prodotti tossici che vendono le multinazionali nei supermercati. Per una produzione che venga utilizzata nelle mense pubbliche, in tutti i ristoranti locali, e che possa finire nella case degli spoletini, agevolata da appositi mercati. Un artigianato che consenta di avere prodotti locali fatti sapientemente a mano da sostituire alle cose industriali cinesi che costano poco solo perché non valgono nulla. Un commercio pensato a misura d’uomo e che viva al di fuori della grande distribuzione organizzata, perché questa impoverisce l’economia locale. Un tessuto di piccole imprese che sfruttino la nostra capacità di fare bene le cose, aiutata dall’amministrazione che deve essere rimessa al servizio delle attività economiche, non rompere le scatole con una burocrazia assurda, pretendendo il rispetto di regole imposte dall’europa solo per distruggere la piccola impresa e favorire le grandi multinazionali. Ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente e del patrimonio pubblico, oggi colpevolmente abbandonato al degrado. Rilanciando un turismo basato sulla nostra qualità della vita : cibo sano e locale, artigianato locale, natura arte e cultura.
E garantendo da subito, nel frattempo, un aiuto immediato a tutti quelli che ne hanno bisogno. Urgente bisogno. Non possiamo abbandonarli. Sono la nostra priorità assoluta
martedì, non lunedì, lunedì è oggi
domani ci sarò, ma non per fare promesse che non possono essere mantenute. Ci vuole il coraggio di dire la verità che i politici negano.
La competizione selvaggia imposta dall’Unione Europea ci dice che dobbiamo lasciar fare al mercato. I politici che ci dovrebbero difendere hanno sposato questa idea sbagliata e ci invitano a diventare più competitivi… cioè disposti ad essere sfruttati.
Scrivono leggi che invece di tutelare i lavoratori tutelano le grandi aziende, garantendo la famosa “flessibilità”..che vuol dire diritto di licenziare e sfruttare il precariato. Le leggi oggi permettono al capitale ed alle merci di fare il cavolo che gli pare, compreso il diritto di andare a sfruttare in giro per il mondo il lavoro là dove è più conveniente. Le stesse leggi vietano alle persone di muoversi liberamente…
Le leggi non stanno più dalla nostra parte
Dentro questo sistema non c’è soluzione. va rovesciato da capo a fondo.
L’unica soluzione è ripensare la competizione selvaggia e sostituirla con la solidarietà e la tutela del lavoro. Se una azienda vuole andarsene da un’altra parte bisogna mandarla a quel paese, espropriare gli impianti e darli in gestione agli operai, con l’aiuto dello stato. Questo dovrebbe fare una politica che sta dalla nostra parte. E dovrebbe penalizzare fortemente i prodotti delle aziende che se ne vanno a sfruttare il lavoro altrove.
Il lavoro è un diritto ed un dovere garantito dalla Costituzione, ma è stato abbondantemente tradito e sostituito con il diritto del capitale di auto replicarsi. Come vuole, dove vuole.
Bisogna costringere l’Unione Europea a rivedere tutto, oppure uscirne al più presto. E sostituire questa classe dirigente che si è venduta agli interessi delle banche e delle multinazionali, le uniche a guadagnare dalla nostra disperazione. Perché ce lo dobbiamo mettere in testa: la crisi non finirà perché qualcuno da questa crisi ci guadagna, e ci guadagnerà sempre di più. Va spezzata alla radice.
Nel frattempo, per sopravvivere, il M5S ha presentato un disegno di legge che dovrebbe agevolare l’autogestione ma i partiti al governo non ne vogliono sentir parlare.
Propone almeno il reddito di cittadinanza, per permettere a chi non ha lavoro di sopravvivere egualmente, in questo mondo di matti. Ma è evidente che sono solo palliativi: la vera questione è quella di restituire alla politica le sue responsabilità. Tutte le leve di governo dell’economia che sono state consegnate colpevolmente alla finanza internazionale. Quando le avevamo, eravamo la quinta potenza economica al mondo
Dobbiamo ribellarci all’idea che i sacrifici che ci chiedono l’europa e i mercati possano servire a qualcosa. Servono solo ad arricchire i mercati.
Con i soldi creati dalla banca centrale si potrebbe far sparire la disoccupazione in tutta europa… invece ci tolgono di tasca nostra i soldi che ci guadagniamo con il sudore della fronte … per salvare le banche!
A Spoleto, nel nostro programma politico economico, ci stiamo preoccupando di ripensare il modello di produzione nel territorio per acquistare la capacità di resistere meglio a questa crisi che non sparirà fino a quando non saranno estirpate le cause. Rilanciando una economia diversa, concentrata sulla nostra capacità di produrre le cose di cui abbiamo veramente bisogno.
Perché, se riusciamo a creare l’alternativa, e la capacità di sopravvivere decentemente facendo altro, anche il potere contrattuale dei lavoratori dipendenti nei confronti della grande impresa diventa totalmente diverso, come è giusto che sia.
Partendo dall’agricoltura naturale, che ci permetta di fare a meno dei prodotti tossici che vendono le multinazionali nei supermercati. Per una produzione che venga utilizzata nelle mense pubbliche, in tutti i ristoranti locali, e che possa finire nella case degli spoletini, agevolata da appositi mercati. Un artigianato che consenta di avere prodotti locali fatti sapientemente a mano da sostituire alle cose industriali cinesi che costano poco solo perché non valgono nulla. Un commercio pensato a misura d’uomo e che viva al di fuori della grande distribuzione organizzata, perché questa impoverisce l’economia locale. Un tessuto di piccole imprese che sfruttino la nostra capacità di fare bene le cose, aiutata dall’amministrazione che deve essere rimessa al servizio delle attività economiche, non rompere le scatole con una burocrazia assurda, pretendendo il rispetto di regole imposte dall’europa solo per distruggere la piccola impresa e favorire le grandi multinazionali. Ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente e del patrimonio pubblico, oggi colpevolmente abbandonato al degrado. Rilanciando un turismo basato sulla nostra qualità della vita : cibo sano e locale, artigianato locale, natura arte e cultura.
E garantendo da subito, nel frattempo, un aiuto immediato a tutti quelli che ne hanno bisogno. Urgente bisogno. Non possiamo abbandonarli. Sono la nostra priorità assoluta