Spoleto, “Mosche bianche”: Giacomo Ramaccini presenta il suo progetto fotografico

Venerdì 18 Giugno, a Spoleto, in via porta fuga 37, alle ore 17.00, si svolgerà la presentazione di Mosche bianche, il recente progetto fotografico ideato e realizzato da Giacomo Ramaccini sviluppato con l’intento di raccontare le realtà spoletine artigianali e commerciali.
 

La metafora della mosca bianca viene interpretata nel progetto con una connotazione positiva, simboleggiando il carattere straordinario assunto sia dalle attività storiche che hanno resistito nel tempo superando crisi e riprese economiche sia dalle nuove attività commerciali che hanno riportato in auge vecchi mestieri.
 
Mosche bianche è un progetto fotografico aperto che trova espressione concreta in due forme principali: una digitale, caratterizzata da una vocazione social, attraverso il progetto di una pagina Facebook e una pagina Instragram dedicate, e una analogica, attraverso il progetto grafico di un flyer, concepito come atlante fotografico. La lettura critica del progetto è stata affidata alla giornalista Antonella Manni che presenterà il progetto insieme all’autore Giacomo Ramaccini. La
mostra sarà visitabile fino al 19 luglio 2021 (è consigliato telefonare al 3391848574).
 
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LA POESIA DI UN MONDO CHE RESISTE
“Solo la verità contiene abbastanza fantasia” 
Ennio Flaiano,
Diario notturno
 
Sarà perché la pandemia da Covid-19 ci ha costretti a riflettere sulle storture del presente così come sull’incertezza del futuro che le immagini di Giacomo Ramaccini, classe 1989, ci trasmettono un fiero senso di nostalgia per quelle “mosche bianche” che rappresentano la tradizione di un mondo slow-lento in antitesi ai colossi delle multinazionali.
Distanza e omologazione versus umanità e unicità. Si delinea così un racconto, che speriamo ostinatamente non finisca mai, delle brulicanti e singolari attività artigianali e commerciali che animano la provincia italiana, nella fattispecie quella di una città incastonata tra i monti dell’Umbria e dalla storia millenaria quale è Spoleto. In filigrana, gli ascendenti della formazione del giovane artista-fotografo contemporaneo in correlazione con gli studi fatti su Mario Giacomelli, per quell’apparente taglio “reportagistico” caratterizzato “da un alto grado evocativo, da uno stile poetico e malinconico”, e gli approfondimenti sulla fotografia urbana attraverso il progetto Take a-way nato da un’esperienza a New York sotto la guida del fotografo Ronald Nicolaysen.
Tutto questo nel quadro di una tradizione documentaristica che vede la città di Spoleto ritratta nei suoi monumenti, nei suoi angoli caratteristici e nelle sue attività quotidiane dalla seconda metà dell’800, non solo grazie a campagne nazionali quali furono quelle di Alinari e Anderson ma anche sulla scorta della dedizione di professionisti locali o turisti d’eccezione. Un patrimonio di immagini che restituisce spaccati di vita cittadina, in gran parte descritte da pubblicazioni a cura di Lamberto Gentili: Spoleto formato cartolina. Album di storia urbana 1890-1940 (Spoleto, 1986) e La Spoleto di fine Ottocento nelle immagini di un fotografo romano: Umberto Antonini (Associazione Amici di Spoleto – Comune di Spoleto, 2008). Da questi precedenti, arrivando alla seconda metà del Novecento, l’interesse non solo per l’immagine della città ma anche per i suoi abitanti, artisti, artigiani, operai e piccoli commercianti, oltre che ai tanti validi fotografi spoletini, professionisti e cultori della materia (De Furia, Duranti, Fedeli, Gasparri, Grappasonni, Lucarini, Massani, Menghini, Turchi, Zeppadoro, ecc.), si deve a Lionello Fabbri che negli anni ’70, oltre a raccontare un Festival dei Due Mondi in pieno fulgore, cattura nei suoi scatti in bianco e nero, stralci di vita quotidiana. Più di recente, è stato poi Francesco Pergolesi (classe 1975), veneziano di nascita ma spoletino d’adozione, a ritrarre alcune vetrine della città inserendole nel suo progetto Heroes, dedicato a botteghe storiche e mestieri in estinzione. Su questo flusso di immagini, con tecniche convertite al digitale e cavalcando l’interattività dei social media, Giacomo Ramaccini innesta il suo lavoro arrivando a declinare con originale cifra stilistica il suo interesse e profondo legame per l’umanità che abita le antiche mura della città natale, scavando nell’intimo dei personaggi, portando in primo piano stratificazioni di oggetti significativi, connotati imprescindibili di attività secolari. Riuscendo a cogliere e comunicare, con intensità, la fragile poesia di un mondo che resiste. Nonostante tutto.
Antonella Manni