Libro della settimana, Il giovane Holden di J.D. Salinger

Non faccio che dire “piacere d’averla conosciuta” a gente che non ho affatto piacere d’aver conosciuto. Ma se volete sopravvivere, bisogna che diciate certe cose.

 

Sono passati più di 50 anni da quando è stato scritto Il giovane Holden ma quell’ansia, che Salinger aveva colto dialogando con i più giovani, ci è ancora vicina. «Continuiamo a vederlo, Holden Caulfield, con la sua aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e la sua infanzia schifa e le cose da matti che gli sono capitate verso Natale, dal giorno in cui lasciò l’Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso ad andare in scena» e poiché nessuno sa esattamente perché Holden sia così tanto arrabbiato, ciascuno di noi, leggendolo, legge la propria rabbia ed è forse questo ad averlo fatto diventare uno dei grandi capolavori letterari del ‘900.

«È fuor di dubbio, infatti, che Salinger abbia sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l’immaginario collettivo e stilistico del Novecento, diventando un autore imprescindibile per la comprensione del nostro tempo.»

E’ pur vero, d’altra parte, che l’edizione italiana è stata influenzata positivamente dalla traduzione di Adriana Motti, la quale ha reso l’espressione inglese and all -per portare un esempio-  talvolta con «e tutto quanto» altre volte con «e compagnia bella» o «e quel che segue»: modi di dire che caratterizzano così profondamente “Il giovane Holden” da non poterlo più pensare senza.