Luca Marinelli o l’elogio dell’umiltà

Luca Marinelli o l’elogio dell’umiltà

Con un certo grado di inconsapevolezza lo spettatore assiste in questi giorni allo spettacolo “La vita cosmicomica di Q” di Luca Marinelli. Inconsapevolezza perché il testo è un complesso adattamento drammaturgico di una delle opere più criptiche e simboliche di Italo Calvino, l’indimenticabile autore de “Il barone rampante” e de “Le città invisibili”.
Nella chiesa sconsacrata di San Simone la scena è aperta. Dal catino absidale pende una gigantesca sfera argentata, spada di Damocle cosmica sul destino degli uomini. Si’, perché la fine del mondo sembra avvicinarsi: siamo nel 2035 e tutto sta per compiersi. Già con questa soluzione Luca Marinelli, regista e protagonista della pièce, intriga e strania lo spettatore. Ancora di più lo fa il caleidoscopio di personaggi che si susseguono sul palcoscenico, in realtà attraverso il tempo e lo spazio, in una cavalcata simbolica che va dal Big Bang alla contemporaneità.
Luca Marinelli è noto al grande pubblico per numerosi ruoli da protagonista (“La solitudine dei numeri primi”, “Martin Eden”, la serie “M-Mussolini”) e per l’indimenticabile performance dello Zingaro ne “Lo chiamavano Jeeg Robot”. È arrivato al Festival di Spoleto già nel 2024 quale regista de “Una relazione per l’Accademia” di Franz Kakfa. Nell’atmosfera suggestiva di San Simone ha quest’anno allestito una parabola cosmica di rara potenza visionaria. Il messaggio si sostanzia sempre più nei giorni successivi allo spettacolo, emergendo dai veli della simbologia che avvolgono il messaggio di profonda speranza che lo accompagna.
Il personaggio di Q esisteva dalla notte dei tempi ma ha avuto bisogno di una veste umana per trovare forma e scivolare via dalle maglie graffianti dell’oblio. Q aveva bisogno di memoria e la memoria ha bisogno di legami. Q aveva bisogno di coscienza e la coscienza ha bisogno di confronto, in un dialogo continuo con l’universo, reso possibile dalla mediazione della scienza.
“La cosmicomica vita di Q” non è uno spettacolo difficile, anzi, è estremamente divertente in numerosi passaggi, fa riflettere infatti su temi universali cari all’uomo senza mai abbandonare il filtro del comico e dell’ironia.
Per lo spettatore (non più inconsapevole) che esce dalla rappresentazione è poi possibile incontrare quell’incredibile attore che è Luca Marinelli, che giganteggia sul palcoscenico, e vederlo trasformato in un ragazzo dallo sguardo basso. Dolce, timido, grato per aver potuto allestire il suo spettacolo in una cornice prestigiosa come Spoleto con una compagnia d’eccezione formata dai suoi più vari amici. Un Luca Marinelli umile e attento, che si preoccupa di sapere se alla persona che gli chiede un autografo o una foto è piaciuto lo spettacolo e che chiede ai microfoni di Spoleto7Giorni, quasi preoccupato, se il suo testo è arrivato al pubblico. Se il suo messaggio ha lasciato un seme destinato a germogliare in una riflessione sempre più consapevole che lo spettatore è destinato a fare tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e l’universo.
Ancora una volta Luca Marinelli ha dato a Spoleto una lezione di bellezza, di creatività, di coscienza politica ma, prima ancora, di straordinaria umiltà.

Lucia Romizzi

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