Terremoto, la testimonianza: “Vi racconto la mia settimana da volontario a Norcia”

C_2_fotogallery_3006158_6_imageTerremoto, la testimonianza: “Vi racconto la mia settimana da volontario a Norcia”

Pubblichiamo il racconto del volontario Anpas Leonardo Ulivieri che ha lavorato una settimana nel campo per gli sfollati gestito dalle pubbliche assistenze  (fonte Vita.it)

Il campo e’ situato nell’ex circolo del tennis, occupa tutto lo spazio che doveva essere il parcheggio, subito si intravedono gli elementi che ti fanno ricordare che quella situazione la conosci, la tensostruttura della sala mensa, la cucina montata sul rimorchio del camion, le tende, il container della segreteria. Tiro fuori dalla tasca la mia scheda di registrazione, mi affaccio alla segreteria e mi registrano. Tutto a posto, sono nel posto giusto e posso iniziare la mia settimana. Al campo, il compito principale dei volontari e’ quello di preparare da mangiare: circa 350 pasti a pranzo, altrettanti a cena piu’ la colazione alla mattina.

Non c’e’ popolazione residente, ci sono alcune tende, poco lontano, nell’ex pista di pattinaggio, li, mi dicono i volontari del contingente prima del mio, ci sono molti residenti. Questa cosa mi suona strana, non sono abituato, a L’Aquila, eravamo tutti insieme nel solito campo. Pian piano arrivano tutti i volontari del mio contingente, siamo in 25, fino a sabato prossimo saranno i miei compagni di avventura. Ne conosco gia’ solo uno, anche lui toscano come me. I volontari che arrivano al campo, arrivano gia’ con una funzione assegnata. Spesso sono le professioni, l’esperienza e la formazione che ognuno si porta dietro a stabilire la partenza dei volontari. Ci sono cuochi, elettricisti, idraulici, ma anche chi da una mano in cucina, in sala mensa e chi si occupa di logistica. Ambientarsi in queste situazioni e’ meno difficile di quanto possa sembrare, ognuno inizia subito a svolgere la propria mansione, c’e’ da far presto, sono quasi le dieci di mattina e tra meno di due ora c’e’ da servire il pranzo. Per fortuna che il gruppo della cucina che ha lasciato il campo aveva gia’ iniziato a preparare quanto necessario.

Gli addetti alla sala iniziano a preparare le posate, portano le bottiglie di acqua ai tavoli, il sale e l’olio. In cucina e’ tutto un fermento c’e’ da mettere a tavola trecento persone che si presenteranno in poco piu’ di un’ora. Ma non e’ tutto qui, l’elettricista inizia a studiare l’impianto del campo. Si tratta di un modulo gia’ predisposto, con colonnine di derivazione gia’ pronte, da collegare al quadro principale, ma bisogna essere pronti a ripristinare il servizio immediatamente dopo ogni imprevisto o guasto. Anche l’idraulico ha un ruolo importante, sia che si tratti della cucina sia dei bagni e delle docce: non deve mancare l’acqua calda e tutto deve essere funzionante. Il Responsabile del magazzino riscontra il materiale lasciato in consegna nei container dal predecessore: sara’ lui a rivolgersi alla segreteria per richiedere cio’ che manca. Dalla segreteria iniziano i contatti con il COC – Centro Operativo Comunale e, essendo in Umbria, anche con il COAR – Centro Operativo Avanzato Regionale. Gli uffici comunali e i centri operativi sono in un posto che conosco gia’, quel parcheggio sulla curva che avevo visto appena entrato a Norcia. Inizia anche il contatto con i fornitori, dal magazzino e dalla cucina si comincia a pensare anche al domani e non c’e tempo da perdere per richiedere quanto necessario. Nel campo abbiamo anche una psicologa, anche lei volontaria, anche lei una di noi. Il suo ruolo e’ quello di coadiuvare i servizi sociali locali nel parlare con chi fa loro richiesta di aiuto per superare quello che hanno vissuto. Qui, in tanti, il terremoto non lo chiamano con il suo nome, lo chiamano “il mostro”.

Quando non e’ fuori siede in sala mensa, vicino alle persone che guardano la televisione. Passa il pranzo, pochi minuti di pausa e subito i volontari si riattivano per la cena. Comincia a scendere il sole, comincia a fare veramente freddo, l’aria in sala mensa e’ stemperata da un riscaldatore di aria a gasolio per cui i logisti non perdono tempo a rifornire e fare nuovamente scorta di carburante. Li vedo che si affrettano, caricano le taniche per andare a far rifornimento. Nelle tende ci sono delle stufette elettriche, le brande e tante coperte. Ognuno di noi ha il suo sacco a pelo, speriamo basti per alleviare il freddo pungente. E’ gia’ ora di cena. Alla fine qualcuno si attarda alla televisione, posta vicino alla bocchetta del riscaldatore. I volontari cenano, poi qualcuno si avvicina alla televisione. Si e’ fatto tardi, e’ ora di andare a letto.

La mattina la sveglia suona presto al campo Anpas di Norcia per iniziare un altro giorno, uguale nei gesti e nelle cose da fare ma sempre diverso nelle cose da fare. C’e’ da preparare la colazione e via di nuovo a preparare il pranzo, fare ordini e gestire imprevisti. Ed e’ cosi’ che e’ passata una settimana, di certo non ci siamo annoiati. Lo ammetto, e’ stato un lavoro duro, piu’ duro del previsto, perche’ chi viene qui da noi non lo fa per il clamore, anzi e’ molto restio ad ammettere che il suo ruolo qui, pur essendo una goccia nel mare, e’ importantissimo. E’ importante per il bambino che ti aspetta in sala mensa e ti chiama per nome, importante per la persona anziana, magari sola che passa le sue giornate di fronte alla televisione del campo perche’ ha perso tutto, e’ importante perche’ noi siamo qui con il cuore e lavoriamo, lavoriamo a testa bassa, senza chiedere niente. Ma a tutto questo va dato il giusto valore, che va oltre a cio’ che ognuno di noi si porta dietro, ed e’ la forza del nostro movimento, fatto di persone che si presentano qui perche’ ci credono, che pur di essere qui hanno preso le ferie, che sono qui nonostante siano a loro volta stati colpiti da un sisma e non abbiano la loro casa.