Lavoro in Umbria: nel primo trimestre 2018 crescono i disoccupati

Continua a peggiorare la situazione del mercato del lavoro in Umbria. L’Istat, dopo aver confermato contrazione del lavoro a tempo indeterminato nel 2017 e la conseguente espansione del lavoro precario e povero, indica anche per il primo trimestre 2018 un ulteriore peggioramento del quadro occupazionale con un incremento del numero di disoccupati di mille unità rispetto allo stesso periodo 2017, da 42mila a 43mila. Allo stesso tempo, gli occupati scendono da 355mila a 354mila. La forza lavoro potenziale (da aggiungere al numero dei disoccupati) si consolida a quota 26mila, mentre la percentuale di Neet (giovani che non studiano né lavorano tra i 15 e i 29 anni) passa dal 17,7% del 2016 al 19,5% del 2017.

Nel suo rapporto l’Istat dice testualmente: “Nelle regioni del Centro, il tasso di occupazione cresce soprattutto in Lazio e Toscana (+1,0 e + 0,7). In queste regioni si riduce anche il tasso di disoccupazione che invece cresce in Umbria e rimane stabile nelle Marche”.

I dati sull’Umbria relativi al periodo gennaio-dicembre 2017 sulla qualità dei contratti, forniti dall’Inps, sono un ulteriore campanello d’allarme. Ricordiamoli: assunzioni a tempo indeterminato 10.839, assunzioni a tempo determinato 60.952, stagionali 3.029, apprendistato 5.586, per un complesso di attivazioni pari a 80.406. Le cessazioni complessive sono state 76.551.

Tenendo conto anche delle trasformazioni a tempo indeterminato da altri contratti, il complesso dei tempi indeterminati è pari a 15.776 il 19,8 % del totale, una percentuale più bassa della media nazionale che corrisponde al 23,2 %. Inoltre, il saldo sempre per quanto riguarda i tempi indeterminati è negativo. Infatti le cessazioni (18.665 ) sono superiori alle attivazioni sommate alle trasformazioni (15.776 ).

Sappiamo che il numero dei contratti non corrisponde al numero delle persone, che proprio per la estrema precarietà e durata temporale, sono costrette ad attivare più contratti, anche nell’arco di pochi mesi. D’altronde, dice ancora l’Inps, il 30% dei contratti ha una durata media di 1,4 giorni. Non a caso in Umbria nel 2017 e nel primo trimestre 2018 (dice l’Istat), ultimo dato certo e confermato, l’occupazione complessiva è diminuita.

Inoltre, c’è da mettere in evidenza, che nel crollo dei contratti a tempo indeterminato (confronto 2016-2017), l’Umbria detiene il record negativo, con il calo più consistente (- 16,3% di fronte ad un calo nazionale pari a –7,8%).

Questo dato relativo a tutto il 2017 e l’ulteriore aggiornamento relativo al primo trimestre 2018 confermano l’allarme occupazione in Umbria e l’esigenza di ridare dignità e diritti al mondo del lavoro, soprattutto giovanile. È infatti drammatica, all’interno del quadro generale, la condizione dei giovani umbri. In particolare, nella fascia 25-34 anni, che non si sovrappone quindi al periodo degli studi, il tasso di disoccupazione è al 15,3% e quello di inattività 20,2% (quindi il 35,5% dei giovani in questa fascia di età è fuori da qualsiasi processo produttivo) e i Neet (giovani che non studiano, né lavorano) sono 21.800.

Questi dati indicano che finita la politica degli incentivi alle imprese, crollano i tempi indeterminati, aumenta la disoccupazione ed è evidente che non si puo’ costruire il futuro dell’Umbria e del paese sul lavoro povero e precario, e sulla assenza di lavoro.

Come dimostra anche il recentissimo rapporto della Banca d’Italia, nella nostra regione il problema lavoro ha due facce, quella quantitativa (sempre meno prospettive di lavoro) e quella qualitativa (il lavoro che c’è è sempre più povero e precario) e questo determina una crescita delle diseguaglianze tra territori, tra generazioni, con una crescita enorme della povertà che supera l’11% (il che significa che oltre 90mila umbri si trovano in una condizione estremamente difficile). Da questa consapevolezza occorre ripartire per cambiare profondamente le politiche del lavoro in Italia e in Umbria.