Spoleto, il commovente ricordo di Giorgio Mulè dedicato al Sindaco Cardarelli

È deceduto improvvisamente nella propria abitazione il Sindaco di Spoleto Fabrizio Cardarelli.
Io lo ricordo così
Ciao Fabrizio, ecco. Non te l’ho detto sabato sera alla Rocca. Eri affaticato, la fronte imperlata di sudore. “Gio’, non ti abbraccio….Ho preso la tachipirina, ho 39 di febbre…ma non potevo mancare”.
Mi hai detto così mentre la tua Manuela ti guardava e ti rimproverava con gli occhi perché eri lì. C’era da consegnare la Lex Spoletina al comandante generale dei Carabinieri, il generale Tullio Del Sette, e volevi esserci. Tu volevi esserci sempre. Sempre.

Eri l’anima di Spoleto, il primo innamorato della città. E l’amavi con tutto te stesso. Ti emozionavi se un progetto andava in porto, se un’idea approdava alla soglia della fattibilità. Questa città ti deve molto. L’hai servita con onore, sei stato un autentico servitore dell’istituzione. Prima di tutto l’interesse di Spoleto e mai, mai, mai il tuo personale. A costo di non incassare i dividendi della popolarità, sempre un passo indietro. Sempre.

Ci conoscevamo da pochi anni ma conservo decine di fotogrammi in memoria che ci uniscono e ora mi fanno piangere. Mi hai voluto bene e te ne sono grato, sempre con quel tratto di umanità gigantesca che era la tua cifra. Anche quando ti arrabbiavi, quando subentrava la delusione umana che era la cosa in assoluto capace di farti perdere le staffe eri incapace di serbare rancore. Perdonavi e questa è dote che appartiene ai grandi.

Ho ricordi dei giorni successivi al terremoto, una sera andammo in giro per le strutture dedicate a sfollati e senzatetto e mi trasmettevi l’ansia nel cercare di andare oltre il senso dell’emergenza. Sei stato un sindaco entusiasta e battagliero, mai rassegnato ma sempre orgogliosamente fiero dell’incarico che avevi. Mi hai raccontato di piccolezze e bassezze intorno a te, me le hai confidate perché non riuscivi a comprenderne le ragioni.

Insieme abbiamo risolto piccole e grandi questioni, senza mai appendere manifesti o cercare ribalte dove molti sarebbero invece corsi. Tu eri Fabrizio, non a caso.

Mi piace ricordarti con quel gran sorriso che ti stampavi, anzi con quella risata piena che accompagnava i racconti di una vita.

Ti vedo nella tua cantina, ad armeggiare con quello strumento che ti eri costruito per cucinare le “tue”beccacce. Tutt’intorno alcuni tuoi amici: Zefferino, Salvatore, Dario tanto per citarne alcuni.

Ciao Fabrizio, mi mancherai. E mancherai a Spoleto.